Croveo è un borgo piemontese, in provincia di Verbania, immerso nella natura in cui non ci si annoia mai. Questo fine settimana infatti ha ospitato, finalmente dopo due anni di fermo causa precauzioni anti Covid-19, la già conosciuta Festa delle Streghe.
Organizzata dall’associazione Le streghe della Valle Antigorio, questa manifestazione ha accolto, quest’anno tra il 30 e il 31 luglio 2022, molti più turisti e affezionati frequentatori della zona di quanti Croveo si aspettava. Un tendone allestito nella piazza principale, sulla strada, ha una capienza di almeno 200 persone e sabato sera scopriamo con piacere che il risotto, preparato con fiori di zucca e zucchine degli orti, è terminato.
Insomma, il paese forse non si aspettava tanta affluenza, ma dopo i due anni appena passati sono tutti contenti di ciò: dai gestori dei locali, agli organizzatori, alle bancarelle con articoli fatti a mano che sono state dislocate nelle viette del borgo.
All’ingresso di quello che è stato ben organizzato come un percorso attraverso la storia e le credenze popolari, troviamo una via addobbata da migliaia di straccetti colorati che ci conduce alla Casa del Cappellano, accanto alla chiesa, “Don Amedeo Ruscetta“, il prete viperaio, aperta per l’occasione e allestita su tre piani per un vero viaggio nel tempo tra antichi meccanismi dell’orologio di Croveo, passando per arcolai, macchine fotografiche e vecchie radio, fino agli abiti dei preti e alla stanza di Don Amedeo.
In giro per il borgo incontriamo molte streghe perfettamente agghindate, molte di loro sono compaesane che hanno contribuito a creare l’atmosfera di festa in cui è difficile non immergersi e non acquistare uno dei fantastici cappelli in feltro a punta colorati che vengono venduti sulle bancarelle.
Quello che non manca, in tutto il paese, sono i fantocci, si trovano a ogni angolo, vestiti come vecchie streghe, e scale decorate che scopriamo poi essere il tema di quest’anno e che hanno donato al borgo un fascino inimitabile. Ce lo racconta anche una delle organizzatrici che trova qualche minuto per rispondere a qualche domanda. La manifestazione, che si ripropone da anni, ha coinvolto le Streghe della valle Antigorio da mesi per l’organizzazione e il resto dei cittadini hanno collaborato con piacere.
Ma la festa non comprende solo banchetti e viette addobbate. Il programma di questi due giorni è ricco di musica e di eventi. Una band si sposta in ogni budello del borgo per suonare dell’ottimo Rock; vengono organizzate sezioni di Yoga per adulti e bambini; ci informano sulle api e l’apicultura, così come sulla cosmesi naturale e su come curarsi come una volta con le erbe e non solo.
Domenica mattina si parte con l’inaugurazione del mosaico del maestro Gianni Basciu di Sant’Antioco e alle 10:30 ci sediamo in sala conferenze.
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Dalla Festa delle streghe di Croveo a femme fatale, la stregoneria in arte e letteratura
È stata più che interessante la conferenza in cui Martina De Palma, giovane storica dell’arte, ci porta indietro nel tempo, e non parliamo del 1500 o del 1600, epoca in cui le donne della Val d’Ossola, conoscitrici delle erbe di montagna, sono state per questo accusate di riti demoniaci e poi torturate e arse vive.
Martina ci mostra come, in letteratura e poi in arte, la donna è stata vista come strega perché abile femme fatale, cacciatrice di uomini e ammaliatrice. Se molte di voi si sono mai chieste come mai tale uomo, magari bello e talentuoso, possa essersi innamorato di una ragazza bruttina, allora non conoscete le abilità di una di queste donne, brutte all’apparenza, ma con uno charme al quale non si resiste.
Igino Ugo Tarchetti, piemontese Scapigliato vissuto tra la metà e la fine del 1800, scrive un’opera che pare essere autobiografica in cui parla di una donna, brutta e affetta da isteria, di cui però lui si invaghisce irrimediabilmente e che finisce per manipolarlo completamente. L’opera si chiama come la sua protagonista malata: Fosca.
Giovanni Verga, nato a Catania sempre a metà del 1800 e morto nei primi del 1900, ci racconta della storia della lupa, in cui tale lupa è una donna alla quale nessuno poteva resistere; donna che non frequentava la chiesa ma di cui persino il prete si era invaghito.
Ne La lupa, Verga ci racconta la storia di questa divoratrice di uomini, la gnà Pina. Quest’ultima si innamora del solo che non la vuole ma desidera sua figlia. Ella costringe la figlia a sposarlo e chiede solo di poter vivere con loro, in un angolo. Riesce così a raggiungere il suo scopo, fare innamorare Nanni che cede alla sensualità animale della donna.
Mentre nella novella la follia dilaga e la figlia della gnà Pina si affossa nel disonore, il Nanni, portato alla pazzia dei tira e molla della donna, finisce per volerla uccidere pur di liberarsi della sua ossessione.
Ma le donne considerate streghe per le loro capacità seduttive e la loro intraprendenza non si fermano al mondo della letteratura, ma si rivelano, nello stesso periodo storico, anche nell’arte con la secessione di Monaco e Franz Von Stuck che dipinge una Eva meno pudica, diventata poi moderna e profana. Erotica e sfrontata appare compiaciuta nell’avere compiuto peccato con la serpe tentatrice avvinghiata sulle spalle.
Anche Munch, pre espressionista del 1890, dipinge l’eros legato all’amore e la morte. Il pittore passa infatti da una donna che sembra succhiare l’anima del suo uomo, come una vampira dai capelli rosso sangue, fino alla sua Madonna, decisamente blasfema e con l’aureola rossa, colore dell’amore e della passione.
Persino Klimt, padre della secessione viennese, che amava le donne in un modo meno tormentato, nel 1901 dipinge Giuditta, ebrea, a olio su tela, vestita di oro e orgogliosa di aver tagliato la testa al suo oppressore. La stessa Giuditta, indipendente e fiera, veniva dipinta nel 1600 da Artemisia Gentileschi (donna largamente emancipata), allieva di Giotto da cui trae lo stile, ma viene ritratta in modo diverso.
Artemisia, che in gioventù è stata violentata dal suo mentore e insegnante di pittura, pare che nell’opera “Giuditta” si sia raffigurata mentre taglia la gola al suo stupratore che, all’epoca, finì a processo ma fu solo multato e lei punita per aver denunciato la cosa.
Concludendo con le femme fatale e le donne considerate streghe perché padrone di loro stesse e della loro sensualità, Martina De Palma ci mostra un’altra opera di Klimt: la Salomè, in cui la donna appare truccata e con lo sguardo fiero e tiene tra le mani la chioma di una testa di uomo decapitata, testa che appare solo in secondo piano.
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Queste opere sono un chiaro messaggio di come autori e pittori vedevano alcune donne della loro epoca. Chissà, mi chiedo, come ci vedrebbero oggi.