Luciano Melchionna ha portato alla 49a edizione (dal 17/06 al 13/07 2022 a Castel Sant’Elmo, Napoli) lo spettacolo “Dignità Autonome di Prostituzione” (Dadp), del cui format è ideatore insieme a Betta Cianchini e regista: un tripudio di musica, danza, arte circense, cabaret, dove riso e pianto si susseguono, si alternano o, talvolta, si accompagnano simultaneamente nello spettatore.
21 repliche, oltre 16.000 biglietti venduti e 30 artisti coinvolti nella sola edizione 2021/2022 tra attori, performers e musicisti per dar vita ad una vera e propria festa che assume tutti i caratteri di un flusso di coscienza alla maniera joyciana dove lo spettatore/cliente può (anzi, deve) solo lasciarsi trasportare.
Questo successo – sottolinea il regista Luciano Melchionna – ci spinge a riflettere sulle reali necessità del pubblico che dimostra di cercare ed apprezzare, oltre ad un legittimo desiderio di svago, un coinvolgimento diretto ed attivo anche quando è chiamato a riflettere su argomenti molto delicati
Il 13 luglio è andata in scena l’ultima replica della stagione 2021/2022 che, indubbiamente, ha risposto al bisogno di ritrovare una ventata d’aria fresca dopo i due anni di chiusura forzata a causa del Covid-19, il quale ha avuto un impatto particolarmente significativo sul settore artistico e degli spettacoli dal vivo.
Le precedenti edizioni a Napoli hanno avuto come palcoscenico – ed è il caso di dirlo: non solo quello! – il teatro Bellini (via Conte di Ruvo, 14). Quest’anno la location è stata individuata nel suggestivo Castel Sant’Elmo di Napoli, patrimonio UNESCO, il che ha certamente contribuito al successo straordinario di questa edizione.
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Il pubblico ( i “clienti” del bordello d’arte, il più grande d’Europa) sin da subito si sono ritrovati catapultati nei bassifondi di Napoli, dove ad accoglierlo ci sono le meretrici d’arte che incitano in dialetto verace a raggiungere la sommità per dare inizio allo spettacolo. Le luci cambiano, diventano rosso vivo e gli attori/prostituti e le attrici/prostitute si affastellano agli angoli del castello, in penombra. E lo spettacolo ha finalmente inizio.
La tragi-commedia d’arte di Luciano Melchionna
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Luciano Melchionna mette in scena un bordello d’arte ad hoc, dove gli artisti mettono su piazza le loro prestazioni migliori: i temi toccati vanno dall’amore alla giustizia, dalla diversità alla prostituzione, dall’omosessualità al militarismo.
Ciascun attore/attrice vende (o svende, se si preferisce) la sua “pillola di piacere teatrale” – un monologo o una performance di 15 minuti – ai migliori offerenti che lo/la seguono nelle camere appartate del castello, dove inizia la contrattazione con la speranza di tenere, fino alla fine, qualche dollarino (l’unica “moneta” con la quale è possibile acquistare) per i successivi spettacoli.
Il regista riesce dunque a creare uno spettacolo tale da disintegrare – semmai nelle sue intenzioni sia mai esistita – la quarta parete: il pubblico è parte integrante dello spettacolo, partecipa, interagisce e anche quando non lo fa è nello spazio di manovra dell’artista che si adatta con versatilità disarmante ai diversi clienti che, come accade in tutti i bordelli, non sono mai gli stessi.
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Che cos’è, allora, “Dignità Autonome di Prostituzione”? Una commedia? Una tragedia? Un canto corale? “Dignità” è certamente un inno all’Arte in tutte le sue espressioni (a cominciare dalle installazioni dell’artista Marianna Sannino) ed è un inno alla vita.
Non è un caso che ogni replica si concluda con la chiamata di “Papi” Luciano Melchionna con ciò che l’ideatore stesso ha chiamato “Festa della vita” e che ha visto nelle 21 repliche susseguitesi tra giugno e luglio 2022 la presenza di ospiti ben noti al panorama musicale napoletano: Viviana & Serena (Ebbanesis), La Maschera, Suonno d’Ajere, Ars Nova, Dario Sansone, Gnut, Francesco Forni.
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“Dignità autonome di prostituzione”, però, può forse considerarsi, tutto sommato, anche una sottile e amara considerazione del panorama artistico contemporaneo dove, talvolta, l’Arte si vede costretta a svendersi o, per restare in tema, a prostituirsi per accontentare un pubblico sempre più vasto, eterogeneo, ma avido. E allora il teatro deve reinventarsi, mutare forma per sopravvivere, per ritrovare una sua dimensione, una sua dignità autonoma: quella, appunto, di Arte.
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