Turchia, Erdogan elimina libertà sui social

Recep Tayyip Erdogan Turchia social

La Turchia attenta ancora una volta alla libertà di espressione e approva la legge contro i social, che prevede l’introduzione di referenti legali che controllino e rimuovano dalle piattaforme con più di un milione di utenti unici al giorno tutti i contenuti che non rispettano le leggi vigenti in Turchia. La legge colpisce, ad esempio, colossi come Facebook, Twitter e YouTube. Inoltre tutte le informazioni dovranno essere archiviate e rese disponibili alla magistratura in caso si verificassero violazioni delle norme.

Erdogan preoccupa le associazioni per i diritti umani in Turchia

Erdogan Turchia social
Limitazioni social imposte dal Governo turco (foto dal web)

L’intenzione dichiarata del provvedimento, fortemente voluto dal presidente turco, è quella di combattere il cyberbullismo e la diffusione di fake news. Ma con questa scusa il Governo cerca di limitare le manifestazioni di dissenso dei cittadini verso Erdogan stesso. Le carceri della Turchia, infatti, sono affollate da centinaia di persone che hanno anche solo criticato, sui social e sui mezzi di comunicazione tradizionali, l’operato del presidente turco.

È stato proprio il suo partito, l’Akp, insieme all’alleato di maggioranza Mhp, a far approvare il provvedimento che, in un paese in cui per più di tre anni è stato sospeso l’accesso a Wikipedia, in cui Netflix è stato costretto a censurare i programmi e dove più del 90% delle radio, delle televisioni e dei giornali sono sotto il controllo del Governo, segna il crollo dell’ultimo baluardo della libera informazione: i social.

Anche Tom Porteus, vicedirettore del programma Human Rights Watch, esprime la sua preoccupazione e sottolinea l’importanza dei social per il diritto alla libertà di espressione dei cittadini turchi. Le compagnie che si rifiuteranno di accettare queste limitazioni rischiano di dover pagare sanzioni fino a 700mila dollari per la mancata rimozione dei contenuti e di veder ridurre la larghezza della banda dei siti fino ad arrivare all’inaccessibilità da parte degli utenti. I ricercatori di Amnesty International in Turchia denunciano questa ennesima grave violazione dei diritti umani, aggiungendo che “i giornalisti passano anni in prigione per aver riportato notizie sgradite al regime e gli utenti dei social media sono già abituati ad autocensurarsi per non offendere le autorità”.

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