The Last of Us Part II, tra critiche e amore

The Last of Us Part II

The Last of Us Part II, un capolavoro indiscusso che porta nel mondo videoludico tematiche fortemente attuali di genere accompagnate però da non poche critiche. Il testo che segue non contiene spoiler della trama, ma è solo un’attenta analisi di quello che suscita nei suoi fans. 

The Last of Us Part II
The Last of Us Part II (foto dal web)

Il titolo PS4 di casa Naughty Dog, rilasciato ufficialmente il 19 giugno 2020, nei primi tre giorni ha registrato un record di oltre 4 milioni di copie vendute. Nonostante il primo posto nelle classifiche mondiali, gli utenti di tutto il globo hanno criticato alcuni aspetti del gioco non ritenendoli “normali”.
A quanto pare alcune iniziative di Neil Druckman, direttore creativo per lo sviluppo, non sono state metabolizzate. In realtà, analizzando questa tipologia di commenti, non si tratta altro che di una rappresentazione delle fobie che attanagliano la società. Fobie insensate ed ingiuste, che hanno il solo scopo di dividere e separare, quali la transfobia e la omofobia.
La problematica sulla quale riflettere, è che si tratta di pensieri relativi ad un’esperienza videoludica ma traslati nella vita reale. Quindi sono riconducibili a vere e proprie ideologie di persone reali. I due esempi lampanti, sono associati alle due protagoniste della trama Ellie ed Abby.

Una “falsa” apertura mentale per The Last of Us Part II

the last of us part ii ellie
the last of us part ii ellie (foto dal web)

Ellie, la protagonista del capitolo 2, è lesbica e questo ha sconvolto alcuni fans affezionati della saga. La domanda sorge spontanea a questo punto. Perché? Quale è il motivo di tanta aberrazione? Avere “fra le mani” una protagonista omosessuale crea così tanti dissensi?
Per quanto riguarda Abby? Qui addirittura sono state mosse accuse, alquanto pesanti, definendola una transessuale. Una ragazza dagli atteggiamenti mascolini, di aspetto rude e muscoloso viene subito additata come una transgender. Ecco come risalta la chiusura mentale di una falsa visione della normalità.

Forse, il problema non è del videogioco che cerca di toccare molteplici punti della vita quotidiana di tutti. A questo punto riguarda il bisogno di odiare, per qualsiasi ragione, un qualcosa. Il bisogno impellente, di ergersi a giudice indiscusso per screditare ciò che non si comprende o che si ritiene diverso. Questo è molto preoccupante, nelle società “civilizzate” del 2020.

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futuranews

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