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Shekinà, Padre Massimo: “Ci siamo messi la mascherina ma ci siamo tolti la maschera”

Shekinà

Lo Shekinà, centro pastorale giovanile con sede al Vomero a Napoli in via San Gennaro ad Antignano 82, sta organizzando, in questo periodo di emergenza sanitaria per la pandemia da Coronavirus, un campo di solidarietà, che c’è da quasi trent’anni ma che quest’anno ha avuto una maggiore importanza ed è stato impostato diversamente rispetto agli anni scorsi in funzione dell’emergenza Covid-19. Sono andata allo Shekinà per intervistare Padre Massimo Ghezzi e il 21 enne Francesco Trambarulo, coordinatore di tantissimi giovani del centro pastorale vomerese. Il campo di solidarietà nasce prima ancora dello Shekinà, che esiste dal 1996.

Padre Massimo, da quanto tempo portate avanti questo campo di solidarietà?

“Lo Shekinà è formato da un gruppo di giovani che si giocano il loro impegno sulla solidarietà. Quest’anno è il 28esimo campo di solidarietà. Quindi da 28 anni facciamo raccolta. Quest’anno era più difficile perché ci siamo trovati con l’emergenza sanitaria del Covid-19 in corso. Andare porta a porta e nei supermercati non è possibile quindi l’idea è chiedere alle famiglie di fare la raccolta nei loro palazzi. Ognuno di noi mette il ‘panaro’ nel proprio palazzo e dice “chi vuole e può, metta”, “chi non può, prenda”. Per cui stiamo facendo questo tipo di invito e noi dello Shekinà andiamo a raccogliere. In quest’epoca Covid è più difficile perché oltre ai vecchi poveri, che assistiamo da sempre come Caritas e Shekinà, si sono aggiunti con quest’emergenza i nuovi poveri cioè quelle persone che in questo periodo hanno perso tutto. Qui arrivano famiglie che lavoravano a ore, nei bar, nelle pizzerie, nelle botteghe e non avevano un contratto, sono sia italiani che stranieri. Per cui ci siamo resi conto che ci voleva un aiuto oggi e non domani e ci siamo messi in moto: lo Shekinà come capofila e poi tutte le associazioni amiche che ci stanno dando un grandissimo aiuto come ‘Sii turista per la tua città’, ‘Occhi aperti’ e tutti gli scout. Ciò che è nato è molto bello. Non c’è solo la solidarietà tipica dei napoletani ma anche la possibilità di uscire da noi stessi. Ci siamo dovuti mettere una maschera (la mascherina -ndr-) però da un punto di vista interiore, spirituale, umano, ce la siamo tolti questa maschera. C’è bisogno di andare verso l’altro. Questo mi sembra il frutto più bello al di là di quello che sta succedendo”.

Francesco, lo Shekinà ha chiuso per un periodo?

“Ha chiuso solo per due settimane nel momento in cui lo Stato ha chiuso tutto e siamo stati anche noi due settimane in quarantena. Durante le settimane che siamo stati chiusi, i ragazzi si sono messi in gioco con una solidarietà virtuale perché i nostri interlocutori sono anche i ragazzi che, non andando più a scuola, stanno a casa senza niente da fare e quindi abbiamo creato questa realtà virtuale che è un tentativo di metterci sempre in contatto con loro. Si possono vedere su Instagram e sul nostro sito i tutorial che abbiamo creato, tutti con un messaggio da comunicare. Tutorial come ‘Shekinà bookclub’, ‘Shekinà film club’ oppure, ad esempio, una ragazza si è inventata un video in cui dava dei consigli tecnici su come apprendere più velocemente in vista dell’esame di maturità. Tutorial sul riscaldamento muscolare di prima mattina. Ognuno ha una passione e l’ha condivisa. Un altro ragazzo che suona la chitarra al conservatorio, ha dato indicazioni su come iniziare a suonare questo strumento”.

Dal punto di vista organizzativo, come vi state organizzando?

“Pensiamo di prolungare questo campo di solidarietà fino a giugno quest’anno a causa di quest’emergenza. Grazie a ‘Sii turista’ e alle altre

organizzazioni abbiamo creato il punto di raccolta qui allo Shekinà. Dalle 10 alle 17 le persone possono portare beni alimentari, igienico-sanitari e prodotti per bambini che il venerdì si consegnano alle persone bisognose, che ne hanno bisogno che vengono qui oppure li portiamo noi nel loro domicilio o nelle associazioni. Continuiamo anche con l’aiuto alle case famiglie. Abbiamo coinvolto anche i negozianti, come fruttivendoli e macellai, che raccolgono il necessario e ce lo portano o andiamo noi a prenderlo. Il messaggio è che i giovani hanno un innato desiderio di aiutare e rendersi utili, mettersi a disposizione, in prima linea, dedicano il proprio tempo e le proprie forze a servizio dell’altro. Noi dobbiamo ridurre il numero di volontari che ci chiedono di venire a darci una mano. Non lo fanno da soli. Allo Shekinà abbiamo un motto: ‘Chi fa da solo, va più veloce ma chi fa insieme va più lontano’. 

In tempi normali, non Covid, quali sono le attività dello Shekinà?

“A settembre organizziamo degli open day e un talent dove giovani e giovanissimi si mettono in gioco esibendosi davanti a un pubblico e vincono un piccolo premio. C’è poi il weekend del perdono. Quest’anno il tema era ‘perdono e catene’, ad esempio. C’è, come già detto, il campo di solidarietà, durante il quale andiamo anche all’interno delle scuole e coinvolgiamo i ragazzi nelle attività di volontariato. A luglio e agosto andiamo a fare il campo scuola ad Alfedena. I ragazzi vengono senza aspettative e poi ne escono arricchiti e piacevolmente sorpresi”.

Shekinà vuol dire tenda?

“Sì, in ebraico significa tenda. Ha un duplice significato: tenda, accampamento ma ha un senso teologico profondissimo. Tenda è l’incontro

tra uomo e Dio. Una tenda nel cuore del Vomero, della città. Vogliamo dare la possibilità di incontro tra i giovani, noi e Dio”.   

Erano inoltre presenti anche i volontari dell’Associazione ‘Occhi aperti a nord di Napoli’ di Scampia: “Siamo presenti da circa 10 anni – racconta Francesca Rametta, socia della cooperativa ‘Occhi aperti’ -. La cosa nasce con dei fratelli casaldiani che hanno deciso di andare a vivere nelle torri e lì hanno fatto nascere una comunità educante di cui faccio parte perché sono una pedagogista. Facciamo tante attività di educazione sul territorio. Le principali sono: una scuola di seconda opportunità nei confronti dei minori che sono stati pluribocciati e non sono più accettati nelle scuole, che fanno un anno speciale con noi per arrivare all’esame di terza media e continuiamo con un biennio di competenze per la scuola superiore. Ci sono progetti con tutti e tre i campi rom di Napoli: c’è stato un progetto con l’Università ‘Federico II’ di insegnamento d’italiano al campo rom. Collaboriamo con la ‘Ludoteca dai mille colori’, che accoglie i bambini del quartiere. Facciamo inoltre una cosa bellissima, il ‘Simposio d’arte contemporanea’. Tutti gli anni degli artisti di tutte le parti del mondo (scultori e pittori), vengono a Scampia e producono arte. Facciamo degli incontri di volontariato: vengono dei volontari da tutte le parti del mondo e d’Italia e stanno con noi per fare educazione. A Scampia le persone non escono dal quartiere, quindi noi portiamo il mondo nel quartiere. Facciamo infine la scuola di terza media per le mamme”.

Infine ho chiacchierato anche con Luca dell’Associazione ‘Sii turista della tua città’:

“Siamo un’associazione culturale no profit che si attiva sul territorio con vari eventi e iniziative come pulizie di strade, piazze e monumenti, visite guidate, accoglienza turistica, campagne di comunicazione sulla lingua napoletana. Tutte iniziative volte a far innamorare i napoletani e i turisti di Napoli, per abbattere quel pregiudizio sulla città. In questo momento, data l’emergenza che stiamo vivendo, abbiamo dovuto mettere in campo delle iniziative diverse rispetto alle solite. Siamo entrati in una rete che già esisteva ma che quest’anno è diversa e speciale. Stiamo tutti contribuendo per fare grandi cose. Noi di ‘Sii turista della tua città’ stiamo curando soprattutto la comunicazione affinché le cose che succedono qui allo Shekinà arrivino all’esterno”.

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