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Referendum 2022: un po’di chiarezza per un voto consapevole

Referendum 2022: il 12 giugno gli italiani sono chiamati al voto. Ma per cosa stiamo votando? Facciamo chiarezza per garantire a tutti un voto consapevole
Referendum 2022

Il 12 giugno 2022 dalle 7 alle 23 si vota per il referendum volto a modificare alcune norme in materia giudiziaria con valore limitativo/abrogativo delle stesse.

Come in ogni votazione, la scelta è sempre molto ardua, ma questa volta gli italiani appaiono più disorientati del solito. In effetti, differentemente da altri referenda, anche i media – social e tradizionali – davvero poco hanno speso in termini di campagna di comunicazione, lasciando i futuri votanti con più dubbi che certezze.

Ma, allora, per cosa stiamo votando realmente? Premesso che la modifica dei seguenti articoli riguarda parti specifiche del testo di legge e in nessun modo la legge nella sua totalità, in questo articolo cercheremo di fare chiarezza per garantire a tutti una scelta matura e consapevole sul proprio voto al referendum.

Il referendum abrogativo

Le leggi soggette a modifica
Gavel on desk (Foto da Pixabay)

Il referendum, innanzitutto, riguarda cinque disposizioni in materia giudiziaria che saranno interessate da parziale modifica: vediamole.

  1. Abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi (D.Lgs. 31 dicembre 2012, n.235)

Il decreto legislativo del 31 dicembre 2012, n.235, entrato in vigore il 5 gennaio 2013, dispone l’impossibilità di candidarsi a cariche elettive e di Governo per i soggetti che abbiano riportato condanne superiori a due anni di reclusione per i casi previsti dal codice di procedura penale (nello specifico art. 51, commi 3-bis e 3-quater) e del codice penale (Libro II, Titolo II, capo I).

In particolare, oggetto interessato alla riforma giudiziaria è l’art. 1, comma 1, lettera c del citato decreto che disciplina specificamente le condanne relative a delitti non colposi, riconducibili alla diretta volontà del soggetto che commette l’azione illecita. Con la maggioranza dei voti SI si procederà all’abrogazione di tale legge che vieta l’accesso alla carriera politica ai soggetti condannati a oltre due anni di reclusione e nella misura massima di quattro anni (art. 278 del codice procedura penale).

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2. Limitazione delle misure cautelari: abrogazione dell’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lettera c), codice di  procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale

L’art.274, comma 1,  del codice di procedura penale tratta misure cautelari; la lettera c, nello specifico tratta la misura cautelare in caso di pericolo di reiterazione del reato, misura stabilita in base al principio di tutela della collettività. Di tutte le misure cautelari, questa appare la più complessa perché legata a valutazione delle specifiche modalità e circostanze del reato, senza che queste, tuttavia, privino l’indagato della libertà personale. Come apprendiamo direttamente dal Brocardi:

la custodia cautelare può essere disposta solo se si tratta di delitti che prevedano la reclusione non inferiore a quattro anni o di cinque anni per la custodia cautelare in carcere

La maggioranza dei voti SI darebbe disposizione a modifiche con valore abrogativo per la misura cautelare appena riportata e attualmente disciplinata dall’art. 274, comma 1, lettera c. In sostanza, con la vittoria del SI, tutte le misure cautelari – dagli arresti domiciliari al carcere – relativamente al pericolo di reiterazione del reato verrebbero meno, lasciando disposizione delle misure cautelative solo in relazione a pericolo di fuga, inquinamento di prove e attuazione di reati di grave entità (con l’uso di armi o altri mezzi violenti).

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3. Separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che  consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati

Senza scendere eccessivamente nei dettagli – dei quali non abbiamo né contezza né competenza – il Referendum n.3 si riferisce all’abrogazione della legge che consente l’intercambiabilità delle funzioni giudicanti, attribuite agli organi giudiziari (i giudici), che devono esprimersi in merito alle controversie, e requirenti, attribuite magistrati con funzione di pubblico ministero, i quali sono chiamati ad esprimere un parere in vista delle decisioni degli organi giudicanti.

Con la vittoria del SI, si autorizza a procedere con una legge mirata alla separazione delle funzioni dei giudici e dei magistrati, dunque ad una separazione delle carriere professionali. Il referendum in questione, dunque, non modifica una legge in toto: piuttosto mira ad una netta separazione dei compiti dei magistrati e delle relative funzioni.

4. Partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei  consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di  cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte

Attualmente la legge dispone che i cosiddetti membri “laici” (avvocati, professori di diritto e altri giurisperiti estranei ai Consigli giudiziari) non abbiano facoltà di intervenire nella valutazione dei magistrati, che stando all’art.105 della Costituzione italiana spetta al Consiglio Superiore della Magistratura.

Votando SI, si risulta a favore di un’abrogazione di uno specifico aspetto della Legge che impedisce a membri estranei al Consiglio superiore di esprimere un parere decisionale: le parti a favore del SI (es.: Forza Italia) premono sugli aspetti di necessità circa un parere terzo ed imparziale, nonché sul principio di presunzione di non colpevolezza sancito dalla Costituzione stessa.

La vittoria del NO, al contrario, lascerebbe la valutazione dei magistrati in mano al Consiglio supremo, così come previsto dall’attuale legge in vigore.

5. Abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura

L’ultimo referendum è rivolto all’abrogazione dell’attuale sistema di elezione dei membri togati della magistratura: finora, affinché ogni magistrato potesse presentare la sua candidatura al Consiglio Superiore, è necessario che sia sostenuto da almeno 25 firme (fino ad un massimo di 50).

La vittoria del SI consentirebbe a ciascun candidato di presentare la candidatura in maniera autonoma, senza l’appoggio degli altri magistrati; viceversa, la vittoria del NO, continuerebbe  a lasciare in vigore il sistema delle firme per la nomina dei membri del CSM.

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Le conclusioni relative al referendum

Come si evince e come più volte ribadito, i cinque quesiti, in verità, interessano solo parziali aspetti delle leggi presentate: tra gli obiettivi, quindi, appare neanche l’ombra di una riforma radicale sull’intero sistema giudiziario italiano, bensì una modifica (in termini abrogativi, tra l’altro) di ciò che potremmo definire veri e propri “cavilli giudiziari” minimi, seppur – dobbiamo riconoscere – significativi.

In che modo, dunque, il popolo italiano è interessato a questi cambiamenti? E in che modo, addirittura, può determinarli? Due domande lecite.

Lo Stato, in quanto Res publica, deve fare l’interesse dei cittadini, che sono i destinatari a favore dei quali i provvedimenti vengono emanati.

La giustizia, in particolare, è – di tutti i campi – quello che deve tutelare l’integrità e la sicurezza  di tutti gli individui: il sistema politico italiano, tradotto non a caso in forma di Repubblica, disciplina che sia il popolo abbia voce in capitolo su importanti e delicate questioni, quali le riforme giudiziarie. E allora non resta che augurare buon voto a tutti.

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