La Polonia del presidente Duda, in meno di un mese dal suo insediamento, è riuscita a tornare indietro di secoli su temi come la violenza sulle donne, i diritti LGBT e il razzismo
Il presidente della Polonia Andrzej Duda, riconfermato a luglio con una maggioranza risicata, durante gli anni del suo mandato è riuscito letteralmente a portare il Paese indietro di secoli. La sua politica ultra conservatrice ha infatti messo in atto una strategia, supportata in questo periodo da leggi ad hoc per l’emergenza Covid, che ha letteralmente annullato anni di progresso culturale nel cuore dell’Europa. In un momento in cui il vecchio continente è investito dalla preoccupazione che il coronavirus, in attesa di un vaccino, continua a sollevare sembra che la Polonia abbia ben altre priorità da fronteggiare. In fondo cos’è una pandemia in confronto al pericolo che i gay si infiltrino sempre di più nella sana e robusta razza polacca?
Il tema legato al mondo LGBT nel Paese è sempre stato molto sentito, d’altronde la Polonia storicamente è sempre stata estremamente conservatrice e cattolica e Duda lo sa bene. Già ad inizio anno il suo governo ha pensato bene di istituire delle LGBT free zone: in pratica intere aree polacche che sono completamente libere dall’ideologia LGBT e gender.
Gli attivisti arcobaleno stanno da mesi lottando contro questa medievale visione della Polonia: “Alcune volte ci hanno detto che si dovrebbe riaprire Auschwitz – ha dichiarato un attivista LGBT – in questo modo sarebbe Hitler a prendersi cura di noi. Un’affermazione che provoca nausea se si pensa cos’è stato il campo di sterminio nel Paese“. Proprio in questi giorni la Polonia è infiammata dalle proteste del mondo arcobaleno che lotta contro le restrizioni e le discriminazioni che il governo di Duda continua a portare avanti in maniera sempre più serrata.
Durante una manifestazione di protesta di pochi giorni fa circa 48 persone, tra questi anche un italiano, sono state caricate e arrestate dalla polizia polacca. Solo da poche ore il parlamentare di Italia Viva Ivan Scalfarotto ha dato notizia che il nostro connazionale è stato rilasciato.
Non solo i diritti LGBT nel mirino del Governo della Polonia
L’Europa intanto si sta muovendo da mesi, in modo molto diplomatico, contro le politiche omofobe della Polonia cancellando ad esempio i fondi per 6 città polacche che hanno istituito la LGBT free zone. A quanto pare però il governo polacco, supportato anche da organizzazioni cattoliche e ultra conservatrici, non mostra la minima intenzione di fare passi indietro: “I gay vogliono modificare il modello di famiglia – ha dichiarato Tymoteusz Zych, appartenente all’organizzazione conservatrice dell’Istituto Ordo Iuris – distruggendo il tessuto sociale e introducendo un’educazione sessuale promiscua“.
Il salto nel passato della Polonia non si ferma però alla comunità LGBT. I prossimi obiettivi sembrano essere il diritto all’aborto e le violenze contro le donne. Il 23 giugno scorso il governo uscente di Duda ha modificato il codice penale basandosi, anche se con l’emergenza pandemia non c’entra nulla, sulle norme anti-Covid. Tale modifica prevede, oltre alla detenzione per chi offende il presidente, fino ad 8 anni di carcere per chi esegue un aborto e l’impressione è che a breve arriveranno ulteriori restrizioni a riguardo.
Inoltre all’indomani delle elezioni il ministro della giustizia Zbigniew Ziobro, ha dichiarato che la Polonia sarebbe uscita dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica perché contraria alla costituzione del Paese. A quanto pare infatti tale Convenzione conterrebbe principi di ideologia gender e LGBT che potrebbero minare la famiglia tradizionale cattolica.
Le notizie che arrivano dalla Polonia sembrano delineare insomma un ritratto di un Paese che sembra completamente fuori dal resto del mondo e in continua lotta contro l’inevitabile. Solo il dato della maggioranza molto risicata, di circa il 51% delle preferenze, con cui Duda è riuscito a riconfermarsi presidente può dare una leggera speranza per i cittadini polacchi che però, nell’attesa di un nuovo scenario politico che potrebbe arrivare fra 5 anni, dovranno rassegnarsi a vivere un nuovo Medioevo.