Ad intervenire sul caso diventato nazionale anche il consigliere regionale pentastellato Simone Verni, che si rivolge al presidente Attilio Fontana per chiedere il licenziamento del primario
“Le parole possono trasformarsi in pallottole”, diceva il maestro Andrea Camilleri e, in un’epoca assai complessa, sarebbe ora che le parole acquisissero realmente un peso. Che non diventassero cose troppo leggere, che non ci si approfittasse, poi, del sacro diritto di opinione. In Italia è successo, succede ancora.
Il 25 marzo scorso, infatti, viene riportata la notizia di un primario di un ospedale della Provincia di Varese che, nel corso di un intervento chirurgico, pronuncia fedelmente queste parole nei confronti di un paziente: “Non é giusto che in questo periodo io debba perdere tempo per operare questi froci”.
Succede in piena emergenza Covid, uno dei motivi per cui lui ritiene di non dover “perdere tempo” ad operare il “frocio” in questione. Perché evidentemente non lo merita, perché ci sono altre priorità, soprattutto in un momento così. Questa è una tra le diverse frasi aberranti pronunciate dal primario, alle quali un collega presente in sala decide di non sottostare, chiedendo al primario se avesse qualcosa contro gli omosessuali. La sua reazione? Irritato, lo invita a lasciare la sala operatoria.
Il personale medico denuncia l’accaduto

L’episodio, fortunatamente, non genera omertà neanche tra il resto del personale presente in sala, che denuncia l’episodio. L’uomo va incontro ad un procedimento disciplinare da parte dell’ordine dei medici della Provincia di Varese, volto a “valutare l’accaduto e accertare eventuali profili di responsabilità del medico”, con una sospensione di 3 mesi a cui è attualmente sottoposto.
L’episodio genera molto clamore, difatti, appresa la notizia, era subito arrivato il commento da parte del presidente dell’Arcigay di Varese, Giovanni Boschini, che affermava: “Siamo contenti che qualcuno abbia denunciato, del fatto che chi assiste a questi atti di omofobia non stia più zitto. Quanto accaduto rende evidente quanto fosse necessaria una legge contro le discriminazioni“.
Il Movimento 5 Stelle dà un segnale forte

Oggi, a quattro mesi circa dall’accaduto, a dare un segnale forte è anche il consigliere regionale del M5S Lombardia, Simone Verni, che questa mattina ha inviato una lettera al presidente della Regione Attilio Fontana e alla Direzione generale Welfare per chiedere il licenziamento del primario, resosi protagonista di un vero e proprio episodio di omofobia.
Verni dichiara: “La sospensione per soli tre mesi dalla professione medica non è assolutamente congrua. Il rispetto della vita e della dignità del malato, la perizia e la diligenza nell’esercizio della professione, sono solo alcuni dei doveri inseriti nel Codice Deontologico della professione medica”. Perché l’omofobia va condannata sempre, indipendentemente dal ruolo che si ricopre, ma ha maggior peso se a promuoverla è chi sceglie di lavorare per la gente, chi fa un giuramento.
“Il Primario dell’Ospedale di Cittiglio ha violato diritti costituzionalmente sanciti e regole di comportamento stabilite per legge, non ha rispettato i codici disciplinati dall’Ordine dei medici e il Giuramento di Ippocrate, recando per giunta grave danno d’immagine a tutto il Servizio Sanitario Regionale. Per questo ne ho chiesto il licenziamento”, conclude poi il consigliere regionale del M5S.
Qui il testo della lettera:
OGGETTO: richiesta di licenziamento del primario dell’ASST Sette Laghi che ha rivolto insulti omofobi a un paziente all’ospedale di Cittiglio (Varese).
Egregi,
il 6 luglio u.s. il Tg3 Lombardia ha dato la notizia dell’ennesimo caso di discriminazione: il fatto risale allo scorso 25 marzo u.s. quando il Primario medico chirurgo dell’azienda sanitaria ‘Sette Laghi’ che operava in quel momento all’Ospedale di Cittiglio (VA), avrebbe inveito ripetutamente sull’omosessualità di un paziente che era in quel momento sedato e sottoposto a intervento chirurgico, davanti a diversi testimoni.
“Ma guardate se io devo operare questo frocio di merda; non è giusto che in questo periodo di emergenza io debba perdere tempo per operare questi froci!”
Alcuni presenti, che sentitamente ringrazio per il coraggio, la determinazione e la correttezza dimostrata, stupefatti da tanta e reiterata violenza verbale, non hanno esitato a difendere il paziente, ottenendo, come reazione da parte del chirurgo, l’espulsione dalla sala operatoria di un collega, il quale si è sentito in dovere di denunciare l’accaduto e presentare un esposto.
Il rispetto della vita e della dignità del malato, la perizia e la diligenza nell’esercizio della professione, sono alcuni dei doveri inseriti nel Codice Deontologico della professione medica, corpus di regole di autodisciplina predeterminate e vincolanti cui gli iscritti devono adeguare la loro condotta professionale.
L’art 3 recita: “Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace come in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. La salute è intesa nell’accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona”.
Il termine “dovere” ha sostituito di recente quello che prima era definito come “compito”. Una scelta unanime voluta al fine di puntualizzare il rapporto imprescindibile che deve esistere tra il medico e la persona: valori fondamentali e principi etici universali strettamente vincolanti.
Il concetto di salute è da intendersi in senso estensivo, con riferimento, quindi, al benessere fisico e psichico della persona. Si può correttamente sostenere che questo articolo costituisce un’applicazione dallo specifico punto di vista della professione medica degli articoli 3, 32 e 54 della Costituzione italiana:
Art. 3 – Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Art. 32 – La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività … la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Art. 54 – I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore.
Come è noto, infatti, l’art. 32 della Costituzione garantisce il “diritto alla salute” anche se tecnicamente è più corretto parlare di “diritto alla tutela della salute”.
Il riferimento all’art. 3 della Costituzione (che prevede il c.d. principio di uguaglianza) viene invece spontaneo considerando che l’articolo del codice deontologico in commento utilizza quasi le stesse parole del legislatore costituzionale prevedendo che il medico deve assicurare la difesa e il rispetto della vita, della salute e il sollievo della sofferenza “senza discriminazioni di età, di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia in tempo di pace come di guerra“.
A ciò occorre aggiungere che ogni medico pronuncia il Giuramento di Ippocrate che così recita: Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro:
– di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona cui con costante impegno scientifico, culturale e sociale ispirerò ogni mio atto professionale;
– di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute;
– di attenermi ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona;
– di affidare la mia reputazione professionale alle mie competenze e al rispetto delle regole deontologiche e di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
– di ispirare la soluzione di ogni divergenza di opinioni al reciproco rispetto;
– di rispettare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che osservo o che ho osservato, inteso o intuito nella mia professione o in ragione del mio stato o ufficio”.
Alla luce di quanto accaduto ritengo che il Primario dell’Ospedale di Cittiglio (VA) debba essere licenziato per giusta causa dalla ASST Sette Laghi – il cui Direttore Generale, peraltro, stando a quanto ricostruito dalla cronaca giornalistica, è stato a sua volta destinatario di insulti – poiché ha violato diritti costituzionalmente sanciti, regole di comportamento stabilite per legge e il mancato rispetto dei codici disciplinati dalla categoria di appartenenza, oltre ad aver creato grave danno d’immagine a tutto al Servizio Sanitario Regionale.
Sarà mia premura intraprendere ogni ulteriore iniziativa, come già preannunciato in Aula il 7 luglio u.s., presentando una Mozione al primo Consiglio regionale di Settembre al fine di impegnare la Giunta a dare seguito al licenziamento del Primario di Cittiglio (VA), qualora per tale data non si sarà posto fine al rapporto di collaborazione professionale. Chiedo, inoltre, ai sensi dell’art. 112 del Regolamento del Consiglio regionale, di essere mantenuto aggiornato in merito al proseguo della vicenda e di ricevere ogni informazione in merito alle iniziative che saranno messe in atto dalla Giunta regionale e dalla ASST Sette Laghi di Varese, con l’auspicio che condividano quanto esposto nella presente e procedano senza alcuna remora.