È solo di poche ore fa la notizia dell’arresto di Matteo Messina Denaro, noto anche con l’appellativo di “U siccu“, latitante dal 1993 e di cui si cercano le tracce da 30 anni.
Ne ha dato notizia l’Ansa quest’oggi, sebbene la notizia del ritrovamento sia stata data per certa già tre giorni fa: il ricercato boss di mafia, tra le anime più potenti di Cosa Nostra, era ricoverato da oltre un anno alla clinica privata “Maddalena” di Palermo per sottoporsi al trattamento chemioterapeutico sotto lo pseudonimo di Andrea Bonafede.
Alla vista delle forze militari, il noto latitante si sarebbe consegnato senza opporre resistenza: l’intera area del distretto sanitario era stata infatti già preventivamente circondata dai Carabinieri ROS e del GIS che, da tempo sulle sue tracce, ne hanno prontamente dichiarato l’arresto, appreso il nome originale con il quale il boss mafioso si sarebbe presentato.
Immediata la reazione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che – come si legge da un Tweet del Quirinale – ha telefonato al Ministro dell’Interno e al Comandante dell’Arma dei Carabinieri per congratularsi.
Il Presidente della Repubblica Sergio #Mattarella ha telefonato questa mattina al Ministro dell’Interno e al Comandante dell’Arma dei Carabinieri per esprimere le sue congratulazioni per l’arresto di Messina Denaro, realizzato in stretto raccordo con la magistratura
— Quirinale (@Quirinale) January 16, 2023
Spopolano sui social i video della città in festa che abbraccia le forze armate dei Carabinieri che hanno portato alla cattura del boss.
Termina, dopo 30 anni, la latitanza di quello che, fino ad oggi, è stato il ricercato n.1 al mondo.
Matteo Messina Denaro: storia del latitante più ricercato al mondo
Matteo Messina Denaro, figlio di Francesco Messina Denaro, ha una lunga “carriera” nei militanti di Cosa Nostra. Considerato il “gioiello” del boss corleonese Totò Riina, Messina Denaro si è reso autore di stragi di innocenti, come quella di Antonella Bonomo – incinta di tre mesi – il cui cadavere fu seppellito, insieme a quello del figlio mai nato, nelle campagne di Castellammare del Golfo. O quella del piccolo Giuseppe di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido, per il cui omicidio Messina Denaro fu coinvolto nel mandato di rapimento, insieme agli altri tre: Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e Giuseppe Graviano.
Del latitante più ricercato al mondo si persero le tracce dal 1993, quando il boss mafioso si recò in vacanza a Forte dei Marmi insieme ai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. Gli furono imputati i capi d’accusa: associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto.
Nel 2000, nell’aula-bunker del carcere di Trapani, si svolse il maxi-processo “Omega“, che vide tra i protagonisti, in qualità di testimoni oculari, Antonio Patti, Salvatore Giacalone, Vincenzo Sinacori e Giuseppe Ferro, divenuti collaboratori di giustizia, che portò alla condanna in contumacia all’ergastolo del noto boss di Castelvetrano.