Il mistero sulla morte di Mario Paciolla, il dipendente dell’Onu trovato morto il 15 luglio scorso
Mario Paciolla, il cui corpo viene ritrovato nell’appartamento di Caquetá lo scorso 15 luglio, è deceduto in circostanze senz’altro misteriose. Egli, in Colombia dal 2018, aveva iniziato la sua prima missione per conto delle Nazioni Unite, che prevedeva la supervisione dell’attuazione di un accordo di pace tra le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e il governo colombiano.
I dati raccolti fino ad ora sull’omicidio sembrano non essere ancora sufficienti a redigere un quadro ben chiaro della vicenda. Gli elementi più attesi, ovviamente, riguardano i risultati dell’autopsia, che si spera possa fugare ogni dubbio sulle reali cause della morte della vittima, inizialmente attribuite dalla polizia di Caquetá “ad un apparente suicidio”, una versione tutta da confermare.
Il ministro Di Maio: “A lavoro per avere verità e giustizia”
Si dovrebbero avere notizie più dettagliate sulla vicenda la prossima settimana. L’avvocato della famiglia Paciolla, Germán Romero , ha dichiarato all’ANSA che provvederà immediatamente a riportar loro eventuali “particolari” delle indagini, che gli verranno comunicati dalla Procura.
A parlare della vicenda è anche il ministro degli Esteri Luigi di Maio che, durante la commemorazione organizzata a Napoli in onore del giovane cooperante, afferma: “A nome del governo sono qui per portare massima vicinanza alla famiglia di Mario, e lavoreremo tutti insieme, istituzioni, società civile con la famiglia per ottenere la verità su quello che è accaduto“.
“Mario – ha aggiunto Di Maio – era un mio coetaneo, figlio della stessa terra e ora tutti chiediamo alle autorità colombiane e all’Onu la massima collaborazione per sapere cosa è avvenuto, perché la famiglia deve sapere. Le autorità italiane stanno indagando e anche quelle colombiane, e abbiamo attivato l’Onu sottolineando che ci aspettiamo risultati dalla loro inchiesta interna. Il diritto della comunità è di sapere la verità, lo dobbiamo a Mario e a tutti i nostri cooperanti che lavorano in giro per il mondo. Ai genitori dico: contate su me e noi per avere verità“.
I segnali di pericolo
La scorsa settimana il quotidiano “El Espectador” di Bogotá riporta la notizia di una telefonata che Mario avrebbe fatto al funzionario dell’Onu incaricato della sicurezza a San Vincente. Pare che Mario, durante la telefonata, fosse particolarmente “allarmato”. A questi elementi si aggiunge una telefonata che Mario fece alla madre, pochi giorni prima di morire, in cui le disse: “Mi sento sporco, ho voglia di lavarmi nel mare di Napoli“. La madre dichiara di aver percepito il figlio come profondamente turbato ed impaurito.
L’avvocato ha sottolineato che la famiglia vuole che vengano chiarite non solo le cause della morte del figlio, ma anche che venga fatta luce sulle attività come membro della Missione di Verifica dell’Onu degli accordi di pace fra le Farc e il governo nella zona di San Vicente del Caguán.
Quella appena descritta appare essere l’ennesima vicenda della morte di un cooperante avvenuta in strane circostanze. Ciò che ci si augura è che, a fronte dell’impossibilità di cambiare ciò che è ormai accaduto, questa vicenda non si aggiunga alla lista dei casi “irrisolti”, e non rimanga impunita.