A Torino, precisamente al Parco della Tesoriera, due ragazzi sono stati aggrediti da un baby gang inferocita che voleva rubargli lo zaino
Mentre si prospetta un nuovo lockdown, lo scorso 20 febbraio due ragazzi di 21 e 28 anni sono stati aggrediti in un parco pubblico a Torino. I giovani non hanno reagito ma quantomeno hanno cercato di opporre resistenza, nonostante ciò sono stati immobilizzati e sbattuti a terra e successivamente sono stati colpiti ferocemente con calci e pugni procurandogli gravi conseguenze. Infatti al ventunenne è stato refertato un trauma cranico facciale, una frattura della parete mediale dell’occhio sinistro, trattata chirurgicamente per lo sfondamento dell’orbita oculare, mentre al suo amico è stato ricostruito l’intero setto nasale a causa della rottura completa. Ovviamente gli aggressori sono subito scappati con la refurtiva (un semplice zainetto contente portafogli, documenti e altri oggetti personali) lasciando le vittime a terra sanguinanti. Solo quando un passante ha dato l’allarme è arrivata l’ambulanza che ha immediatamente trasportato i giovani feriti all’ospedale Maria Vittoria.
Da chi sono composte queste baby gang?
Molto spesso, quando accadono aggressioni di questo tipo, la notizia divaga maggiormente se gli aggressori sono extracomunitari, per il semplice motivo che è molto più facile ammettere che la colpa di queste spiacevoli aggressioni è dovuta alla solita retorica che l’immigrato è un pericolo. Tuttavia non è assolutamente così, come possono confermare anche i giovani torinesi aggrediti.
“Ho perso conoscenza – ammette il 21enne – non ricordo molto. Erano molto giovani, più piccoli di noi, intorno ai 18 anni, tutti italiani e ben vestiti nonostante un vocabolario molto scurrile. Si complimentavano fra di loro per la forza che utilizzavano mentre ci colpivano, quasi a voler festeggiare. Sicuramente erano ubriachi o drogati, magari fatti da qualche acido, ma erano coscienti, sapevano quello che stavano facendo altrimenti non sarebbero stati in grado di ridurci in questo modo“. Ciò che più preoccupa però non è tanto la nazionalità degli aggressori ma la ferocia, la semplicità e la frequenza con le quali questi compiono queste azioni.
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Articolo a cura di Danilo Antignani