“La regina degli scacchi”: la serie femminista interpretata da Any Taylor-Joy che parla anche agli uomini
Caschetto rosso, occhi esageratamente a mandorla, naso appuntito e passo da fiera della savana; si presenta così Beth Harmon, (interpretata da Any Taylor-Joy): protagonista della miniserie americana in sette puntate dal titolo La regina degli scacchi (The Queen’s gambit).
La serie, uscita su Netflix il 23 ottobre, è tratta dal romanzo di Walter Tevis e sta avendo un successo enorme. È una storia dal potente sapore femminista ma piace anche agli uomini e non solo perché si parla di scacchi, ma perché al sesso “forte” viene restituita la gentilezza, la comprensione e tutta l’umanità che spesso i racconti femminili tendono a boicottare.
La trama de “La regina degli scacchi”: dall’infanzia in orfanotrofio al successo internazionale
La vicenda si svolge lungo tutto l’arco degli anni ’60, con una piccola parentesi iniziale (metà degli anni ’50) dedicata all’infanzia di Elisabeth in orfanotrofio dopo il suicidio della madre. Qui conosce il signor Shaibel, custode della struttura e abile giocatore di scacchi. Ha solo nove anni, la piccola Beth, quando inizia a muovere i suoi primi pedoni e a leggere i libri sulla vita dei grandi scacchisti, ma già dimostra un talento fuori dal comune.
Quando a 15 anni viene adottata da una coppia di mezza età ha finalmente la possibilità di andare a scuola e di iscriversi al suo primo torneo ufficiale. Siamo in Kentucky negli anni ’60, le donne portano ancora le gonne lunghe alle caviglie, quasi nessuna prosegue gli studi e il matrimonio è l’unica aspirazione tangibile, ma non per Beth. Impavida, sfrontata e bellissima, si fa strada in un mondo, quello degli scacchi, totalmente maschile, qualche volta suscitando invidia e disprezzo, altre ammirazione e senso di protezione.
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La sua carriera decolla, grazie anche al supporto e all’amore della madre adottiva; è l’astro nascente, la ragazzina prodigio, corteggiata dai giornalisti e amata dal pubblico. E lungo questo cammino scintillante alcuni dei suoi rivali diventano i suoi migliori amici.
Ma vincere non basta perché i traumi del passato la divorano come mostri e l’unica via d’uscita sono alcool e droghe. In un continuo dialogo con la defunta madre, Elisabeth cerca di dipanare le ombre della sua mente, per non impazzire a sua volta.
“Gli uomini vogliono sempre insegnarti qualcosa, non per questo sono intelligenti. Tu lasciali blaterare e poi va avanti e fa sempre quello che ti pare. Devi essere una donna forte per stare sola, in un mondo in cui le persone si accontentano di tutto per poter dire di avere qualcosa!”, le aveva detto così una volta sua madre, ma forse per Beth essere forti non significa necessariamente essere soli.
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