Alcuni giorni fa mi è capitato di avere una conversazione nata dal titolo di un libro, “Terroni” di Pino Aprile. Premesso che non l’ho letto ancora ma è nelle mie intenzioni farlo dato che è nella mia libreria, solo dalla copertina è nata una discussione. Il motivo che ha contrapposto me e la mia interlocutrice era che io affermavo la possibile guarigione da razzismo, omofobia e in generale dai pregiudizi mentre lei no.
A meno che non siamo davanti al Matteo Salvini o al Simone Pillon di turno secondo il mio modesto parere è una malattia da cui si può guarire con la conoscenza e l’esperienza diretta.
Facciamo un banale esempio: prendiamo una signora sui sessant’anni sposata che vive con il marito mentre i figli hanno preso la loro strada. Una persona come tante che però è irrimediabilmente omofoba. Di quelle che “meglio un figlio drogato che frocio”. Mettiamo che i suoi storici vicini abbiano traslocato altrove e al loro posto siano venuti ad abitare nella casa affianco alla sua una coppia di ragazzi omosessuali. A quel punto alla signora che chiameremo Anna verrà un colpo sapendo dei nuovi inquilini del suo stesso pianerottolo.
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Se un giorno però ad Anna dovessero mancare le uova mentre sta per preparare quel dolce tanto desiderato da suo marito, allora, con i negozi chiusi in una calda e assolata domenica pomeriggio, la stessa potrebbe fare un’eccezione e staccarsi per un attimo (o per sempre?) dalla sua omofobia per chiedere alla coppia di ragazzi proprio un paio di uova.
Quindi scorgerebbe in casa loro un’atmosfera serena e tranquilla. Fabio e Luigi la inviterebbero a entrare nella loro cucina simile alla sua e comincerebbero a chiacchierare con lei del più e del meno e anche della torta che Anna stava per preparare. Scoprirebbe così che Luigi si diletta anche lui con i dessert e insomma nascerebbe un inizio di amicizia o semplicemente di quieto vivere dettato dalla conoscenza.
Le uova per Anna sarebbero quindi state salvifiche perché l’avrebbero fatta fare un salto nella vita di una coppia gay, restando piacevolmente sorpresa dalla scoperta di una vita più o meno simile alla sua.
Avrebbe iniziato così iniziato a pensare che gli omosessuali non si atteggiano a donne ma che semplicemente conducono uno stile di vita come quello di tutte le altre persone. Avrebbe riflettuto inoltre sul fatto che anche se non poteva concepire che andassero a letto insieme non era qualcosa che potesse tangerla in alcun modo. Insomma avrebbe pensato che in fin dei conti essere gay era del tutto “normale” (cos’è normale?) così da pensarci due volte la prossima volta che le sarebbe venuto in mente di appellare qualcuno con la parola “frocio”.
Lo stesso esperimento potrebbe essere applicato a chi discrimina un’altra persona per il colore della pelle o perché vive al Sud Italia invece che al Nord con lo stesso risultato, la stessa semplice e, se vogliamo, banale scoperta.
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L’esperienza diretta quindi potrebbe davvero essere la soluzione a tutti i pregiudizi, a qualsiasi giudizio che non fa vedere l’altro con obiettività. Qualcosa come il razzismo, l’omofobia, la misoginia e altre forme di discriminazione potrebbero essere curate e debellate con la conoscenza che altro non è che la cosa più bella di questa Terra.
Karl Popper affermava “La vera ignoranza non è la mancanza di cultura, ma il rifiuto di acquisirla”. Chi infatti si sottrae a ogni tipo di cultura, che sia imparare una lingua straniera, conoscere l’italiano, la storia oppure entrare nella vita di un’altra persona è infatti povero e rimarrà così anche se il suo conto in banca segna un patrimonio da nababbo.