“Minchia Signor tenente” cantava Giorgio Faletti nel 1994 al Festival di Sanremo, solo due anni dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, di cui soltanto due giorni fa è ricorso il trentennale.
Cara mafia,
non ti rendi conto che sei anacronistica? Sei sempre esistita e come ogni cosa hai avuto un inizio e avrai anche una fine, come diceva il giudice Giovanni Falcone. Mi piacerebbe dirti che hai le ore contate perché noi siamo più forti di te.
Mi piace pensare che un giorno non molto lontano sparirai da ogni luogo dove, come una piovra, ti sei insinuata: tra i cosiddetti “poteri forti”, nelle menti della gente senza risorse economiche perché spesso rappresenti l’unica via di fuga di chi magari si rivolge a te per un prestito di denaro ma poi quello che dai lo rivuoi indietro con gli interessi e le minacce.
Ma, cara mafia c’è la musica, ci sono le canzoni come quella del ’94 di Giorgio Faletti, scomparso prematuramente, che per fortuna hanno il coraggio di denunciare situazioni assurde come, nel caso di questo brano, le condizioni lavorative dei carabinieri e davanti a certi episodi non puoi far altro che gridare “Minchia Signor tenente“.
Nel 2007 invece sempre al Festival di Sanremo si presentò Fabrizio Moro con “Pensa“, diventato in poco tempo un inno contro di te, mafia:
“Ci sono stati uomini che hanno continuatoNonostante intorno fosse tutto bruciatoPerché in fondo questa vita non ha significatoSe hai paura di una bomba o di un fucile puntatoGli uomini passano e passa una canzoneMa nessuno potrà fermare mai la convinzioneChe la giustizia no, non è solo un’illusione”…
Sì perché gli uomini muoiono e quanti ne hai uccisi tu, mafia, donne e uomini che hanno avuto il coraggio e la forza di denunciare e combattere quello che non andava. Tra i più celebri i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, l’attivista politico di radio Aut Peppino Impastato, il giornalista giornalista napoletano Giancarlo Siani e tanti altri.
Poi ci sono personaggi ugualmente importanti ma meno conosciuti come Rita Atria, che si suicidò una settimana dopo l’attentato mafioso a Paolo Borsellino e alle cinque persone della scorta. Rita ebbe il coraggio e la forza di denunciare la malavita che attanagliava Partanna, in provincia di Trapani, negli anni passati.
Suo padre Vito venne ucciso nel 1985 quando lei aveva 11 anni, un pastore affiliato a Cosa Nostra ammazzato in un agguato dagli stessi mafiosi. Nel 1991 venne ammazzato anche il fratello di Rita, Nicola. A soli 17 anni si recò a Marsala e raccontò tutto al giudice Paolo Borsellino.
Sua cognata Piera Aiello denunciò i due assassini del marito e insieme a Rita collaborò con la giustizia, facendo finire in manette numerosi esponenti della criminalità organizzata di Sciacca, Marsala e Partanna.
Nel frattempo la 17enne era a Roma perché era entrata nel programma di protezione testimoni. Una settimana dopo la notizia dell’uccisione di Paolo Borsellino, a cui si era affezionata come a un padre, si tolse la vita lanciandosi dal sesto piano di viale Amelia 23 a Roma.
Cara mafia,
ma tu sai contare e camminare insieme come faceva Peppino e come cantavano i Modena City Ramblers nel 2004, a quattro anni di distanza da uno dei più bei film che ti riguardano e raccontano la storia di Impastato?
A soli Cento passi da casa di Peppino e della sua famiglia c’era lo “zio Tano”, il boss di Cinisi Gaetano Badalamenti. Nel 1996 il pentito e collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo indicò proprio Badalamenti e Vito Palazzolo come i mandanti dell’omicidio di Peppino Impastato.
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Le frasi che meglio esprimono quello che sei, mafia, portano proprio la firma di Peppino Impastato perché “La mafia uccide, il silenzio pure”. Ti devo confessare infine qualcosa che non hai ancora capito, la verità, la sola verità possibile: “la mafia è una montagna di merda”.
Giovanni Falcone diceva: “Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini“. Quindi tu annienti il coraggio spazzando via le vite di persone innocenti e impavide ma le loro idee e il loro pensiero vivranno sempre, oltre ogni potere mafioso, oltre lo spazio e il tempo, dove tu non potrai mai arrivare e, soprattutto, dove tu non l’avrai mai vinta.