La data del 21 marzo è stata scelta per ricordare il massacro di Sharpeville in Sudafrica. Era il 1960, in pieno apartheid, 300 poliziotti bianchi aprirono il fuoco su un gruppo di manifestanti di colore che stavano protestando contro l’Urban Areas Act
Ben 69 dimostranti persero la vita. La xenofobia è alla base di tanti episodi tragici nella storia dell’umanità e le forme in cui il razzismo si è manifestato nel corso della storia sono assai differenti le une dalle altre. Solo per portare alcuni esempi, possiamo ricordare la tratta degli schiavi nel Cinquecento lungo le coste dell’Africa occidentale, a nel Settecento in Australia abbiamo la decimazione della popolazione aborigena con la colonizzazione europea, per non parlare dell’olocausto con la persecuzione degli ebrei nel Novecento. Purtroppo il razzismo è un peso che la razza umana si porta avanti da sempre e non c’è bisogno di tornare tanto indietro nel tempo per vedere quanto ancora c’è da cambiare e migliorare. Basti pensare alla recente morte di George Floyd nel 2020 a Philadelphia.
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Quant’è importante oggi la Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale
Il 2020 è stato l’anno in cui gli Stati Uniti si sono trovati a dover a affrontare tre crisi: la pandemia da Covid, che sta colpendo tutto il mondo, il razzismo e le violenze della polizia. Riappare così il movimento Black Lives Matter nato nel 2013 e attraverso la potenza dei social media la popolazione di tutto il mondo si è unita nell’iniziativa del #blackouttuesday. Appaiono su Instagram migliaia di foto nere, postate da VIP, infuencer e normalissimi utenti, si tratta di un flash mob virtuale rivolto a dimostrare la propria solidarietà verso il caso Floyd e per un’America, e un mondo, migliore. Molti passi sono stati fatti dall’apartheid in Sud Africa del 1960, ma le discriminazioni e i crimini d’odio sono diffusi ancora in tutte le società. Dobbiamo percorrere ancora tanta strada, soprattutto per i bambini di oggi che saranno gli adulti consapevoli e tolleranti di domani.
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Articolo a cura di Caterina Crispolti