“Se non riesci a respirare, allora smettila di urlare. Ci vuole molto ossigeno per parlare”
Queste le parole registrate nei video delle body cam della polizia, rivolte a George Floyd da Derek Chauvin, il poliziotto che ha privato il cittadino afroamericano del respiro per gli ormai famigerati 8 minuti e 47 secondi. Tutto è iniziato perché Floyd è stato segnalato agli agenti per aver provato a pagare delle sigarette con una banconota falsa. L’uomo si è mostrato, come si legge nelle trascrizioni delle videoregistrazioni, collaborativo, fino a quando non si è rifiutato di salire sulla volante, dichiarandosi claustrofobico. A quel punto Floyd ha cominciato a sbattere la testa sul vetro dell’auto per ferirsi da solo. Da quel gesto è nata la colluttazione che lo ha portato alla morte, di cui ora Chauvin è legalmente accusato.
George Floyd sapeva che stava per morire e nei video lo si sente pronunciare le parole “Mi ucciderai amico. Mi uccideranno. Non posso respirare.” A quel punto l’agente Thomas Lane chiede per due volte a Chauvin di girare Floyd su un fianco, in una posizione meno pericolosa. Questo si sente nelle registrazioni, che il legale di Lane Earl Grey ha chiesto di trascrivere per scagionare il suo cliente, entrato in polizia da pochi giorni. Chauvin, che ha più anni di esperienza di Lane e che su di lui ha una certa autorità, insiste per tenere Floyd bloccato a terra con il ginocchio sul collo.
Dalla morte di Floyd la nascita di una consapevolezza
Nel frattempo Floyd, sempre più cosciente di ciò che sta per succedere, dichiara un’ultima volta il suo amore e affetto per sua madre e per i suoi figli, parole che oggi possiamo ascoltare grazie ai microfoni delle body cam. L’uomo dichiara che sta per morire e poi si spegne, senza sapere che la sua terribile fine è destinata a ispirare il movimento Black Lives Matter e a scatenare una rivolta contro il razzismo e la violenza della polizia, destinata, si spera, a rivoluzionare gli Stati Uniti e il mondo.