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Distanziamento generazionale: Chi ha paura del boomer?

Boomer

“Ok boomer”, risposta sbrigativa non più emblematica solo di un conflitto generazionale, ma una bandiera bianca sventolata solo per quieto vivere
Il termine “boomer” identifica ironicamente i figli del secondo dopoguerra, una generazione quasi in pensione che ha difficoltà a relazionarsi con il presente e che quando lo fa utilizza strumenti sbagliati.
Nato a novembre 2019 il termine ha subito un exploit attraverso la realtà digitale. L’origine è il famoso video della deputata neozelandese Chlöe Swarbrick, che pronuncia questa frase per zittire un deputato, che continuava a interromperla durante un discorso sul problema ambientale. Da qui hanno preso vita un’infinità di meme, voce di una critica a un passato cieco e sordo alla contemporaneità; purtroppo che lasciano il tempo che trovano.
Boomer sono infatti i nati tra il 1946 e il 1964; generalizzando un “baby boom” è colpevole di aver viziato i propri figli e di tutti i problemi che la nuova generazione Z si ritrova ad affrontare.
Nettamente differenti le generazioni successive:

GENERAZIONE X (1965-1980) giovani cresciuti durante la nascita del punk, animati dal rifiuto dei valori imposti dalla società e la sensazione di essere smarriti.
GENERAZIONE Y (1980-1995) i famosi “millennials” o “generazione del millennio”, testimoni degli sconvolgimenti del passato e della nascita dei nuovi media. Di solito additati come bamboccioni, pervasi da un senso costante di precarietà.
GENERAZIONE Z (1995-2009) o anche conosciuti come “nativi digitali” o “iGen”, cresciuti nel pieno della rivoluzione digitale e abituati al confronto virtuale e costante con la realtà.
Il terreno iniziale di questa battaglia è stato il web, dove la generazione Z ha vissuto male l’invasione dei boomer, si stima infatti che ad oggi all’incirca il 75% di loro utilizzi social e in particolare Facebook. E’ facile riconoscerli, le loro facce in primo piano, inquadrate da troppo vicino e tendenzialmente dal basso sono il  primo segale, assieme alle foto colorate del buongiorno o della buonanotte.
Spesso sono grandi giocatori e le loro notifiche sono un mix di inviti a quest’ultimi o commenti sbagliati a foto sbagliate. Si sono impadroniti del mezzo a modo loro e  i nativi digitali non hanno esitato a trasformarli in un’icona.
Al di là dello scontro generazionale, una lotta senza tempo e vincitori, nell’arco di pochi mesi l’accezione del termine “boomer”si è ampliata, assumendo un gusto sprezzante e dispregiativo. Il boomer di oggi è qualunque individuo incapace di comprendere sottotesti e significati. Accusati di svilire, senza alcuno scrupolo, argomenti centrali della cultura millennial, dal dibattito sull’identità (di genere, etnica o legata all’orientamento sessuale) a quello sulla libertà del proprio corpo.
Tutt’ora il termine include ironicamente anche la descrizione di momenti imbarazzanti e misunderstanding, scavallando anche il confine tra generazioni.
Così quando capita di sentire una “boomerata” sempre più spesso l’iride si rivolta su sé stessa, verso l’alto, si nasconde e punta dritto verso i meandri dell’encefalo. Dopo questo periodo di riflessione forzata, questo risultato sembra essere il riflesso dell’acuirsi di questo scontro.

Boomer
Boomer (foto dal web)

Abbiamo però iniziato la conoscenza con un lato dell’universo boomer che ci ha scaraventato nello sconforto. L’incredibile incertezza che ci ha cullato ogni sera ha avuto effetti devastanti in termini di ragionevolezza. Stiamo parlando di complottisti, no vax, medici laureati all’università della strada ed esperti di 5g, diffusori di fake news, intolleranti e pronti a manifestare in piazza per difendere la propria privacy dall’app immuni. Ovviamente però, solo dopo aver fatto il test per scoprire in quale animale si reincarneranno, su un sito salesiano o dalla dubbia provenienza. Sicuramente non una volpe.
Ma che colpa ne hanno se non di essere cocciuti, davvero perdoniamoli perché non capiscono quello che fanno e nessuno glielo spiega o perlomeno perché nessuno parla la loro lingua.
Offese sessiste, omofobe, minacce, auguri di violenza e pressapochismo sconvolgente sono solo alcune delle terribili risposte che si possono trovare in rete, quando il boomer sente violate le sue certezze.
Parole che possono trasformarsi in episodi di violenze reali.

Questo spaccato di vita social apre la strada a una questione ben più complessa, che sta emergendo sempre più prepotente. Levarsi di torno qualcuno, anche se in maniera bonaria, è una prova sufficiente di difficoltà di comunicative, un abisso non solo tra generazioni già distanti per usi e costumi ma anche per sensibilità.
Il passato non può essere liquidato con un gesto o una frase sardonica, non dimentichiamoci che di questo passo, saremo noi un giorno i boomer di qualcun altro e che forse i selfie in primissimo piano sono più accettabili dei nostri collage su picnic di tanti anni fa.
Cercare di ridurre il gap tra questi mondi, piuttosto che nascondersi dietro un meme, è forse una presa di coscienza troppo in basso per essere vista dal nostro piedistallo politically correct di maturità. Eterni innocenti troppo focalizzati sull’obiettivo supremo, che si sono scordati che nessuna grande rivoluzione è stata mai attuata senza partire da piccoli passi.
Forse “Ok, boomer” non è più la risposta giusta, e piuttosto che sollevare gli occhi al cielo sarebbe invece meglio, proprio spalancarli sul mostro e puntarli verso un approccio meno polemico e più efficace i mezzi non ci mancano.

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