Alla luce di quanto accaduto negli ultimi giorni, tra cui l’episodio della maestra d’asilo vittima di revenge porn, Chiara Ferragni registra “Essere donna nel 2020”, video che tratta la violenza sulle donne
Con i suoi appunti alla mano, l’Influencer parla del modo in cui i media italiani trattano i casi di violenza, partendo dall’abitudine che hanno nel ribadire, in fatti di cronaca, che il carnefice era “un brav’uomo”, espressione che minimizza, scredita la violenza subìta e le donne stesse.
Chiara Ferragni e la violenza sulle donne
La Ferragni ci parla del double standard – l’applicazione di princìpi di giudizio diversi per situazioni simili –, insito nella nostra società patriarcale e maschilista. Un uomo non viene giudicato a causa delle loro attività sessuali, le donne invece sì. Si sofferma su due parole conosciute da poco, victim-blaming e slut-shaming, fenomeni diffusi che trasferiscono la colpa sulla vittima per dei comportamenti che non la rendono conforme all’ideale comune di donna. “Era ubriaca”, “Era vestita in maniera provocatoria”. A tal proposito, cita una sentenza della Corte di Cassazione del ’99 che dava ad una donna parte della colpa per jeans che indossava. L’episodio ha dato origine ad una giornata contro la violenza chiamata proprio Denim Day.
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Quanto il revenge porn può essere deleterio
Quest’espressione non ci è nuova, sia per i gruppi Telegram che per l’ultimo caso di cronaca della maestra d’asilo di Torino. Dopo aver inviato del materiale privato al suo fidanzato, la donna è stata sua vittima poiché quest’ultimo ha deciso di inoltrare tutto sul “gruppo del calcetto”, sottoponendola alla gogna mediatica e facendole perdere il lavoro. Questi vengono visti come atti di goliardia tipici del sesso maschile e, quindi, giustificati. Boys will be boys: i maschi sono maschi, fanno queste cose stupide, non vogliono fare del male a nessuno.
L’Influencer lancia un appello alle donne stesse
«Dobbiamo sostenerci a vicenda perché solo unite possiamo veramente cambiare le cose». La Ferragni lancia così un appello, sostenendo che le donne sono giudicate, perlopiù, dalle donne stesse. Invece di aiutarsi a vicenda si danno giudizi, talvolta peggiori di quelli che arrivano dagli uomini. Talvolta si ha paura di denunciare per i giudizi altrui, ed è impensabile che nel 2020 le donne vengano stigmatizzate e attaccate nonostante siano le vittime di un reato.
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