Certificato di verginità in Francia: sì o no all’abolizione?

Il certificato di verginità è un documento che da anni, in Francia, viene rilasciato per comprovare la purezza di una ragazza: il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, si batte per abolirlo, ma incontra proteste

Al giorno d’oggi suona strano parlare di certificato di verginità: esso non è altro che un documento rilasciato da ginecologi, che in questo modo testimoniano la verginità di una ragazza – nonostante, a livello scientifico, tale test non abbia una veridicità così assodata. È una prova richiesta molto raramente, e di solito precede una pratica religiosa come il matrimonio: il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha da qualche tempo dichiarato la propria volontà di abolire il suddetto test, e di voler allestire una legge che non solo lo metta al bando, ma che preveda anche sanzioni penali nei confronti degli esperti che continuino ad applicarlo. I medici, tuttavia, si oppongono a questa decisione, invocando il giuramento di Ippocrate: ecco il perché nel loro no.

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Certificato di verginità: ecco il perché del “no”

Certificato di verginità
Certificato di verginità (foto dal web)

I medici che si dichiarano a favore del documento, sostengo che l’abolizione della pratica sopracitata potrebbe ritorcersi contro le stesse donne: “È una pratica barbara, retrograda e sessista e in un mondo ideale bisognerebbe rifiutarsi di rilasciare un documento del genere” – ma, proseguono – Nel mondo reale penalizzare la redazione di questi certificati è un controsenso“. Essi, dunque, ribadiscono il fatto che, secondo l’etica medica, non v’è alcun motivo per negare una simile richiesta: “Possiamo essere portati a fornire un certificato di verginità se la giovane ha bisogno di un documento che attesti che è vergine perché si smetta di tormentarla, per salvarle la vita, per proteggerla se è indebolita, vulnerabile o minacciata nella sua integrità o dignità“.

Gli esperti, col benestare della presidentessa del Collegio nazionale dei ginecologi e ostetrici, Joelle Belaisch-Allart, ritengono quindi che sia svantaggioso ledere un simile diritto, non tanto per chi lo richiede, ma per la stessa donna che potrebbe trarne beneficio in termini di sicurezza.
Inoltre, precisano, “si tratta di casi estremamente rari“.

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