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Caso Vannini: rigettato il procedimento disciplinare a carico del PM 

Caso Vannini

Le indagini erano complete, questo il parere del Csm

Complesse ed accurate, così il Consiglio Superiore della Magistratura ha definito il lavoro della PM sottoposta a procedimento disciplinare. Il procedimento in questione era predisposto nei confronti della dottoressa Alessandra D’Amore, la PM che si è occupata delle indagini del famoso caso Marco Vannini. Era stato il Ministro della Giustizia – Alfonso Bonafede – a rivolgersi al Csm in quanto accusava la PM di non aver compiuto adeguatamente le indagini tralasciando molti dettagli: tra cui la villa a Ladispoli – dalla D’Amore non sequestrata – e tutta una serie di elementi che secondo Bonafede andavano analizzati come spunto investigativo. La PM non ha chiesto inoltre l’intervento di esperti per procedere all’acquisizione di atti irripetibili e non ha chiamato a testimoniare i vicini. Omissioni che tuttavia secondo il Csm non sono sussistenti: precisamente l’organo ribadisce che nessun danno ingiusto è stato cagionato alla famiglia del Vannini in quanto il materiale probatorio era idoneo per il processo ed esaustivo. Per questo motivo, il procedimento è stata rigettato. 

I legali della famiglia della vittima avevano constatato delle lacune, più che altro errori di valutazione compiuti durante i due gradi del processo nonostante le corpose prove a disposizione e utili – proseguono i legali – per condannare Antonio Ciontoli per omicidio volontario e non colposo – come emerge dal giudizio di secondo grado. Per questo motivo, la valutazione dei Giudici di Merito è stata definita riduttiva ed illogica.

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Caso Vannini: il ricorso in Cassazione

Marco Vannini
Marco Vannini (foto dal web)

Lo scorso 7 febbraio la Corte di Cassazione ha disposto un nuovo processo d’appello per rianalizzare la posizione dei quattro imputati: Antonio Ciontoli e la famiglia, la moglie e i due figli. In primo grado la condanna a 14 anni per Ciontoli – omicidio volontario – in secondo grado a 5 anni per omicidio colposo. I legali della famiglia Vannini insistono per una condanna per omicidio volontario con dolo eventuale in quanto se la famiglia Ciontoli non avesse temporeggiato per creare inutili depistaggi, il ragazzo non sarebbe morto.

Lo scorso 8 luglio è iniziato il nuovo processo.

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