Caserma Levante, come ha avuto inizio l’inchiesta “Odysseus”

Carabinieri Piacenza

Il legame fra Hamza Lyamani e Giuseppe Montella, della caserma Levante

Nuove dichiarazioni sono emerse in merito alla vicenda che ha come protagonisti i carabinieri della caserma Levante, a Piacenza. In particolare, ad apparire più chiaro è il ruolo che Giuseppe Montella, l’appuntato considerato primo responsabile dei fatti, ha ricoperto nei confronti di Hamza Lyamani, 26enne di origine marocchina. Quest’ultimo sarebbe stato il primo a denunciare i traffici illeciti che si verificavano all’interno della famigerata caserma, scatenando quindi l’inchiesta Odysseus da parte della Procura.
La confessione del ragazzo è a dir poco sconcertante: egli, avendo avuto precedenti contatti con l’appuntato inquisito, veniva da questi minacciato al fine di tenere tutta la situazione “nell’ombra”.

Le dichiarazioni di Hamza Lyamani rivelano preziosi dettagli

 

Carabinieri Piacenza
Carabinieri Piacenza (foto dal web)

Stando ai racconti del giovane marocchino, egli conobbe Montella nel 2010, quando l’appuntato era preparatore atletico proprio della squadra in cui giocava Lyamani. Quest’ultimo, nel 2016, a seguito di un’accusa di spaccio, viene costretto all’obbligo di firma presso la caserma di Piacenza; è proprio questa l’occasione in cui i due si rincontrano. Da quel momento ha inizio la collaborazione (o, per meglio dire, il ricatto): Montella chiede ad Hamza di poter essere in formato in merito a tutte quelle operazioni che non necessitassero di indagini troppo lunghe; in parole povere, voleva aprirsi facilmente e nell’immediato le porte della delinquenza.
Il 26enne, inizialmente restio, dichiara di essersi sentito abbandonato proprio da coloro che avrebbero dovuto aiutarlo, ed incomincia “obbligatoriamente” a collaborare. Grazie a lui, la squadra di Montella conduce numerosi arresti –  almeno 30 -, e nel frattempo la “stanza della terapia” vede transitare sempre più persone.
Venivano pestati a sangue e incastrati. Si spezzava la droga, l’accusa diventava spaccio. Li ho aiutati anche io, in caserma“. Le parole di Lyamani giungono brutali e crude a definire quella che era la realtà dei carabinieri e dei loro complici: una realtà di violenza, crimini ed ingiustizie, di cui – il giovane lo afferma con certezza – tutti erano al corrente. Altrettanto inutile fu il suo tentativo di porre fine alla vicenda. Hamza, che ricavava un 10% dagli affari sotto forma di droga o denaro, provò continuamente a dissociarsi dai fatti, ma ciò non gli fu permesso. I carabinieri, infatti, lo pestarono a sangue più di una volta, arrivando a rompergli il naso.

Solo a quel punto il giovane, esausto per via dei soprusi subiti, decide di rivolgersi al Maggiore Rocco Papaleo; e a partire dal suo gesto di ribellione inizia l’inchiesta Odysseus. Hamza Lyamani, ad oggi, teme per se stesso e per la propria vita.
“Ma io non vivo più. Bevo e non dormo la notte” – dichiara ancora – “Ho fatto bene? Con la paura che mi uccidano“.
Nel frattempo, le ultime notizie riguardanti il caso escludono la possibilità di scarcerazione degli arrestati a favore della custodia cautelare: è ciò che è stato dichiarato dal gip di Piacenza Luca Milani, il quale ritiene che vi sia un elevato rischio di inquinamento delle prove, e che la lista degli indagati, secondo quanto emerso dagli interrogatori, potrebbe essere molto più lunga.

Siamo una realtà indipendente
che
non riceve nessun tipo
di finanziamento.
Aiutaci a realizzare il nostro sogno,
dona anche tu

Siamo una realtà indipendente che non riceve nessun tipo
di finanziamento.
Aiutaci a realizzare il nostro sogno,
dona anche tu

futuranews

Iscriviti alla nostra Newsletter:
per te tante sorprese!