“Non si può per un’idea soltanto recidere un fiore” cantava il Quartetto Cetra nel 1971. Il celebre gruppo reclamò in tv a gran voce la libertà per un fiore “ribelle”
Angela Davis fu arrestata con l’ingiusta accusa di “rapimento aggravato e omicidio di primo grado” poi assolta dopo 18 mesi di carcere. Davis, attivista del movimento afroamericano statunitense, crebbe in un quartiere dell’Alabama soprannominato Dynamite Hill (perché le case dei “neri” venivano fatte saltare in aria con la dinamite). Ha combattuto per tutta la sua intera e intensa esistenza per difendere i diritti civili delle persone dalla pelle scura e delle donne. Emarginazione, discriminazione, sottomissione sono termini che lei ha sempre detestato e soprattutto combattuto.
Settantasei anni e non sentirli, una figura quasi mitologica per chi crede nella libertà dell’individuo. La “razza” è un sostantivo che non significa nulla, perché l’unica conosciuta è quella umana. La Davis per più di 50 anni ha professato l’uguaglianza liberamente, senza mai arretrare di un passo. Una rivoluzionaria che ha difeso i diritti umani con tutte le sue forze contrastando chiunque avrebbe voluto metterla all’angolo solo perché donna e con la pelle nera. Il suo coraggio e la sua forza sono stati straordinari e hanno sostenuto i valori dell’antidiscriminazione senza mai aver paura di spiegarli alla società.
“In un momento difficile e decisivo della nostra storia, permettiamoci di ricordare a noi stessi che centinaia di migliaia, milioni di donne,
persone transgender, uomini e giovani che siamo qui alla Women’s March, rappresentiamo la più grande forza di cambiamento che non permetterà alla cultura morente del razzismo, dell’etero-patriarcato di sollevarsi ancora” è l’inizio del suo discorso tenuto nel 2017 al “Women’s March di Washingston”, “nessun essere umano è illegale” e poi ancora “l’anelito per la libertà delle persone di colore che ha inciso profondamente sulla natura reale della storia di questo paese non può essere cancellata con un colpo di spugna. Non siamo fatti per dimenticare che le vite delle persone di colore contano. Questo è un Paese ancorato alla schiavitù e al colonialismo, e questo significa, nel bene e nel male, che la storia reale degli Stati Uniti è una storia di immigrazione e schiavitù. Spargere xenofobia, lanciare accuse di omicidio e stupro e costruire muri non cancellerà la storia”.
Parole forti che si riferiscono non a un passato lontano ma soltanto a un “oggi” che si ripete all’infinito, prova che il razzismo è un mostro che continua a vivere tra noi ed è duro a morire. Frasi che dovrebbero essere studiate a scuola per sensibilizzare le future generazioni all’uguaglianza perché capiscano che non esiste la diversità, soprattutto quella umana. Bisogna che le parole della Davis vengano assorbite come effetto osmotico dagli uomini affinché nessun essere umano possa gridare ancora una volta: “I can’t breathe”.